La principale sfida futura per i paesi industrializzati è l’invecchiamento della popolazione, in particolare il numero crescente di persone di età sopra gli 80 anni, che si stima nell’Unione europea possano diventare 34,7 Mio entro il 2030.
L’invecchiamento porta al deterioramento delle difese immunitarie e della funzione polmonare, e alla predisposizione alle infezioni respiratorie. Attualmente, mantenere gli anziani in salute prevenendo le malattie croniche è una delle principali preoccupazioni per molti paesi. Ciò richiede una migliore comprensione delle conseguenze sulla salute dell’esposizione ai fattori ambientali, compreso l’inquinamento atmosferico.
L’aumento della longevità può determinare un aumento delle spese mediche e un aumento della domanda di servizi sanitari, poiché le persone anziane sono tipicamente più suscettibili alle malattie croniche.
L’importanza della salubrità ambientale per gli anziani
La promozione di stili di vita orientati alla salute e al benessere, soprattutto dopo l’esperienza Covid-19, si sta rivelando il tema prioritario in ambito sostenibilità e sta caratterizzando gli sviluppi immobiliari e le richieste dei tenants e dei dipendenti aziendali.
A maggior ragione la salubrità ambientale e la qualità dell’aria che si respira negli ambienti chiusi, stanno diventando sempre più elementi distintivi per tutte quelle strutture che accolgono ospiti anziani, portatori delle fragilità legate all’età.
A conferma di ciò, occorre considerare che i gruppi più a rischio per esposizioni a inquinamento indoor sono i bambini, gli anziani e le persone con patologie croniche (malattie cardiache e respiratorie) o malattie del sistema immunitario.
Inoltre, gli anziani passano molto tempo negli ambienti confinati e quindi, oltre ad essere più sensibili sono anche più esposti ai rischi presenti in questi ambienti.
Il benessere ambientale è quindi un requisito sempre più importante, che va oltre l’aderenza agli standard. La ‘piramide delle prestazioni di salubrità’ sintetizza i diversi approcci alla salubrità ambientale.
Il livello di qualità ambientale degli edifici convenzionali, che pure aderiscono agli standard in vigore, è un punto di partenza e non un punto di arrivo. L’esperienza degli occupanti e le performance dell’edificio si possono ampiamente migliorare con interventi proattivi e integrativi, che stanno diventando best practice nelle iniziative di trasformazione degli spazi indoor.

“Occupant Health & Well- Being in Green Buildings” di Dusan Licina, pubblicato in Ashrae Journal, Aprile 2019
Secondo la pubblicazione citata, inoltre, oggi esiste ancora un’enfasi molto più alta sugli aspetti dei consumi energetici, a discapito della qualità ambientale indoor: analizzando 100 Green Building, l’80% del campione ha raggiunto gli obiettivi di risparmio energetico, ma solo il 30% riporta alti livelli di indoor air quality.
Le evidenze scientifiche
Lo studio GERIE (Geriatric study in Europe on health effects of air quality in nursing homes ), condotto su un campione di 600 anziani in 50 case di riposo distribuite in 7 diversi paesi dell’Unione Europea, mostrava una relazione significativa tra l’esposizione a inquinanti indoor e la funzionalità polmonare degli anziani che vivono permanentemente in case di cura, anche a concentrazioni moderate.
I ricercatori hanno evidenziato che l’esposizione ad alti livelli di PM10, CO2 e NO2 era significativamente associata alla dispnea abituale e alla tosse, che alti livelli di esposizione al PM0.1 erano significativamente associati al respiro sibilante nell’ultimo anno, mentre alte concentrazioni di formaldeide mostravano una correlazione con la BPCO.
Questi sintomi sono apparsi ancor più gravi nelle persone con età superiore a 80 anni e in tutte quelle case di cura in cui è stata riscontrata una scarsa ventilazione. La rilevazione della Co2 ha infatti dimostrato che solo il 19% delle persone risiedeva in strutture ben arieggiate, che permettessero una diluizione degli inquinanti.
Si è inoltre rilevato un impatto negativo di non corretti parametri di confort, sulla salute respiratoria degli ospiti. Si sono infatti trovate relazioni inverse tra umidità relativa elevata e respiro sibilante nell’ultimo anno, tosse abituale e FEV1/FVC <70%, e tra esposizione a temperature elevate e respiro sibilante nell’ultimo anno.